Venerdì mattina sono andato a lavorare in bicicletta.
Volevo passare lungo la Senna, vedere con i miei occhi.
Sono sbucato sul Quai Anatole France e ho buttato un occhio a destra. Una colata torbida, color caffelatte, punteggiata da macerie galleggianti. Devo ammetterlo, niente di più—niente di meglio—di quanto visto alla TV. Un gruppetto di curiosi presidiava, a smartphone spianati, la discesa verso la banchina sommersa. Se ne stavano in ordine sparso di fronte alle transenne di sbarramento e filmavano passare il fiume.
Protagonisti della storia. Testimoni in prima fila, prove alla mano, di quella volta dell’inondazione del 2016. Hot stuff.
Guardavo con una punta di irritazione quelle figure concentrate, mentre la Senna si accalcava tra gli argini e, infilandosi sotto ponti sempre più bassi, spingeva per andarsene, luridamente smaniosa di levarsi di torno come una folla a fine spettacolo.
Immagine di copertina: Place du Chatelêt, 3 giugno 2016 durante la piena della Senna – © Denis Allard / REA pour “Le Monde”